Psicolife
il forum ufficiale di
www.Psicolife.com
Ipnosi, psicologia e psicoterapia a firenze
FAQ
Cerca
Lista utenti
Gruppi
Registrati
Profilo
Messaggi privati
Log in
Indice del forum
->
Generale
Rispondi
Username
Oggetto
Struttura messaggio
Emoticons
Altre emoticons
Colore:
Default
Rosso scuro
Rosso
Arancione
Marrone
Giallo
Verde
Oliva
Ciano
Blu
Blu scuro
Indaco
Viola
Bianco
Nero
Dimensione
Minuscolo
Piccolo
Normale
Grande
Enorme
Chiudi Tags
[quote="Luca"][b]L'albero e il bambino[/b] (Shel Silverstein) C'era una volta un albero che amava un bambino. Il bambino veniva a visitarlo tutti i giorni. Raccoglieva le sue foglie con le quali intrecciava delle corone per giocare al re della foresta. Si arrampicava sul suo tronco e dondolava attaccato al suoi rami. Mangiava i suoi frutti e poi, insieme, giocavano a nascondino. Quando era stanco, il bambino si addormentava all'ombra dell'albero, mentre le fronde gli cantavano la ninna nanna. Il bambino amava l'albero con tutto il suo piccolo cuore. E l'albero era felice. Ma il tempo passò e il bambino crebbe. Ora che il bambino era grande, l'albero rimaneva spesso solo. Un giorno il bambino venne a vedere l'albero e l'albero gli disse: "Avvicinati, bambino mio, arrampicati sul mio tronco e fai l'altalena con i miei rami, mangia i miei frutti, gioca alla mia ombra e sii felice". "Sono troppo grande ormal per arrampicarmi sugli alberi e per giocare", disse il bambino. "Io voglio comprarmi delle cose e divertirmi. Voglio dei soldi. Puoi darmi dei soldi?". "Mi dispiace", rispose l'albero "ma io non ho dei soldi. Ho solo foglie e frutti. Prendi i miei frutti, bambino mio, e va' a venderli in città. Così avrai dei soldi e sarai felice". Allora il bambino si arrampicò sull'albero, raccolse tutti i frutti e li porto via. E l'albero fu felice. Ma il bambino rimase molto tempo senza ritornare... E l'albero divenne triste. Poi un giorno il bambino tornò; l'albero tremò di gioia e disse: "Avvicinati, bambino mio, arrampicati sul mio tronco e fai l'altalena con i miei rami e sii felice". "Ho troppo da fare e non ho tempo di arrampicarmi sugli alberi", rispose il bambino. "Voglio una casa che mi ripari", continuò. "Voglio una moglie e voglio dei bambini, ho dunque bisogno di una casa. Puoi danni una casa?". "Io non ho una casa", disse l'albero. "La mia casa è il bosco, ma tu puoi tagliare i miei rami e costruirti una casa. Allora sarai felice". Il bambino tagliò tutti i rami e li portò via per costruirsi una casa. E l'albero fu felice. Per molto tempo il bambino non venne. Quando ritornò, l'albero era così felice che riusciva a malapena a parlare. "Avvicinati, bambino mio", mormorò "vieni a giocare". "Sono troppo vecchio e troppo triste per giocare", disse il bambino. "Voglio una barca per fuggire lontano di qui. Tu puoi darmi una barca?". "Taglia il mio tronco e fatti una barca", disse l'albero. "Così potrai andartene ed essere felice". Allora il bambino tagliò il tronco e si fece una barca per fuggire. E l'albero fu felice... ma non del tutto. Molto molto tempo dopo, il bambino tornò ancora. "Mi dispiace, bambino mio", disse l'albero "ma non resta più niente da donarti... Non ho più frutti". "I miei denti sono troppo deboli per dei frutti", disse il bambino. "Non ho più rami", continuò l'albero "non puoi più dondolarti". "Sono troppo vecchio per dondolarmi ai rami", disse il bambino. "Non ho più il tronco", disse l'albero. "Non puoi più arrampicarti". "Sono troppo stanco per arrampicarmi", disse il bambino. "Sono desolato", sospirò l'albero. "Vorrei tanto donarti qualcosa... ma non ho più niente. Sono solo un vecchio ceppo. Mi rincresce tanto...". "Non ho più bisogno di molto, ormai", disse il bambino. "Solo un posticino tranquillo per sedermi e riposarmi. Mi sento molto stanco". "Ebbene", disse l'albero, raddrizzandosi quanto poteva "ebbene, un vecchio ceppo è quel che ci vuole persedersi e riposarsi. Avvicinati, bambino mio, siediti. Siediti e riposati". Così fece il bambino. E l'albero fu felice."[/quote]
•
Carica immagine sul post ImageShack
•
Carica immagine sul post ImagesTime
•
Carica file su server esterno (ricopiare l'indirizzo nella discussione)
Opzioni
HTML
DISATTIVATO
BBCode
ATTIVO
Smilies
ATTIVI
Disabilita BBCode nel messaggio
Disabilita Smilies nel messaggio
Tutti i fusi orari sono GMT + 1 ora
Vai a:
Seleziona forum
Psicolife
----------------
Regole del Forum
Ipnosi
Disturbi Psicologici
Sessualità
Supervisioni e Casi Clinici
Generale
Studenti di Psicologia
Discipline Olistiche
----------------
Naturoterapia
Counseling e Coaching
Revisione argomento
Autore
Messaggio
simpson
Inviato: Dom Apr 17, 2011 9:18 pm
Oggetto:
LA PICCOLA ANIMA E IL SOLE
di Neale Donad Walsch
C'era una volta, in un luogo fuori dal tempo, una Piccola Anima che disse a Dio: "Io so chi sono!" "Ma è meraviglioso! E dimmi, chi sei?" chiese il Creatore. "Sono la Luce!"
Il volto di Dio si illuminò di un grande sorriso~ "È proprio vero! Tu sei la Luce." La Piccola Anima si sentì tanto felice, perché aveva finalmente scoperto quello che tuttii i suoi simili nel
Regno avrebbero dovuto immaginare. "Oh", mormorò, "è davvero fantastico!" Ben presto però, sapere chi era non fu più sufficiente. Sentiva crescere dentro di sé una certa agitazione, perché voleva essere ciò che era. Tornò quindi da Dio (un idea niente male per chiunque desideri essere Chi È in Realtà) e, dopo aver esordito con un "Ciao Dio!" domandò: "Adesso che so Chi Sono, va bene se lo sono?" E Lui rispose: "Intendi dire che vuoi essere Chi Sei Già?" "Beh, una cosa è saperlo, ma quanto a esserlo veramente... Insomma, io voglio capire come ci si sente nell'essere la Luce!" "Ma tu sei la Luce", ripeté Dio, sorridendo di nuovo. "Sì, ma voglio scoprire che cosa si prova!" piagnucolò la Piccola Anima. "Eh, già", ammise il Creatore nascondendo a malapena una risatina, "avrei dovuto immaginarmelo. Hai sempre avuto un grande spirito d'avventura". Poi cambiò espressione. "Però, però... C'è un problemino..." "Di che si tratta?" "Ebbene, non c'è altro che Luce. Vedi io ho creato solo ciò che sei e, di conseguenza, non posso suggerirti nulla per sentire Chi Sei, perché non c'è niente che tu non sia "Ehh?" balbettò la Piccola Anima, che a quel punto faceva fatica a seguirlo. "Mettiamola in questo modo", spiegò Dio. "Tu sei come una candela nel Sole. Oh, esisti, indubbiamente. In mezzo a milioni di miliardi di altre candele che tutte insieme lo rendono ciò che è. E il sole non sarebbe il Sole senza di te. "Senza una delle sue fiammelle rimarrebbe une semplice stella... perché non risulterebbe altrettanto splendente. E, dunque, la domanda è questa: Come fare a riconoscersi nella Luce quando se ne è circondati?" "Ehi", protestò la piccola Anima, "il Creatore sei tu. Escogita una soluzione!" Lui sorrise di nuovo. "L' ho già trovata", affermò. "Dal momento che non riesci a vederti come Luce quando sei dentro la luce, verrai sommerso dalle tenebre." "E che cosa sarebbero queste tenebre?" "Sono ciò che tu non sei", fu la Sua risposta. "Mi faranno paura?" "Solo se sceglierai di lasciarti intimorire", lo tranquillizzò Dio. "In effetti, non esiste nulla di cui avere paura, a meno che non sia tu decidere altrimenti. Vedi, siamo noi a inventarci tutto. A lavorare di fantasia "Ah, se è così..." fece un sospiro di sollievo la Piccola Anima. Poi Dio proseguì spiegando che si arriva alla percezione delle cose quando ci appare i loro esatto opposto. "E questa è una vera benedizione", affermò, "perché, se così non fosse, tu non riusciresti distinguerle. Non capiresti che cos'è il Caldo senza il Freddo, né che cos'è Su se non ci fosse Giù, né Veloce senza Lento. Non sapresti che cos'è la Destra in mancanza della Sinistra, e neppure che cosa sono Qui e Adesso, se non ci fossero Là e Poi. "Perciò", concluse, "quando le tenebre saranno ovunque, non dovrai agitare i pugni e maledirle.
Sii piuttosto un fulgore nel buio e non farti prendere dalla collera. Allora saprai Chi Sei in Realtà, e anche tutti gli altri lo sapranno. Fa' che la tua Luce risplenda al punto da mostrare a chiunque quanto sei speciale!" "Intendi dire che non è sbagliato fare in modo che gli altri capiscano il mio valore?" chiese la Piccola Anima. "Ma naturalmente!" ridacchiò Dio. "È sicuramente un bene! Rammenta, però, che speciale non significa 'migliore'. Tutti sono speciali, ognuno a modo proprio! Tuttavia, molti lo hanno dimenticato. Capiranno che è buona cosa esserlo nel momento in cui lo comprenderai tu". "Davvero?" esclamò la Piccola Anima danzando, saltellando e ridendo di gioia. "Posso essere speciale quanto voglio?" "Oh, sì, e puoi iniziare fin da ora", rispose il Creatore che danzava, saltellava e rideva a Sua volta. "In che modo ti va di esserlo?" "In che modo? Non capisco". "Beh', suggerì Dio, "'essere la Luce non ha altri significati, ma l'essere speciali può essere interpretato in vari modi. Lo si è quando si è teneri, o quando si è gentili, o creativi. E, ancora, si è speciali quando ci si dimostra pazienti. Ti vengono in mente altri esempi?" La Piccola Anima rimase seduta per qualche istante a riflettere. "Ne ho trovati un sacco!" esclamò infine. "Rendersi utili, e condividere le esperienze, e comportarsi da buoni amici. Essere premurosi nei confronti del prossimo. Ecco, questi sono modi per essere speciali!" "Sì!" ammise Dio, "e tu puoi sceglierli tutti, o trovare qualsiasi altro modo per essere speciale che ti vada a genio, in ogni momento. Ecco che cosa significa essere la Luce." "So cosa voglio essere, io so cosa voglio essere!" annunciò la Piccola Anima sprizzando felicità da tutti i pori. "E ho deciso che sceglierò quella parte che viene chiamata 'essere disposti al perdono. Non è forse speciale essere indulgenti?"
"Oh, certo", assicurò Dio. "È molto speciale." "Va bene, è proprio la pazienza quello che voglio essere. Voglio saper perdonare. Voglio Fare
Esperienza in questo modo." "C'è una cosa però che dovresti sapere". La Piccola Anima fu quasi sul punto di perdere la pazienza. Sembrava ci fosse sempre qualche complicazione. "Che c'è ancora?" ribatté con un sospiro. "Non ce nessuno da perdonare", disse Dio. "Nessuno?" Era difficile credere a ciò che aveva appena udito. "Nessuno", ripeté il Creatore. "Tutto ciò che ho creato è perfetto. Non esiste anima che sia meno perfetta dite. Guardati attorno." Solo allora la Piccola Anima si rese conto che si era radunata una grande folla. Tanti altri suoi simili erano arrivati da ogni angolo del Regno perché si era sparsa la voce di quella straordinaria conversazione con Dio e tutti volevano ascoltare. Osservando le innumerevoli altri anime radunate li intorno, non poté fare a meno di dare ragione al Creatore. Nessuna appariva meno meravigliosa, meno magnifica o meno perfetta. Tale era il prodigio di quello spettacolo, e tanta era la Luce che si sprigionava tutt'attorno, che la Piccola Anima riusciva a malapena a tenere lo sguardo fisso sulla moltitudine. "Chi, dunque, dovrebbe essere perdonato?" tornò alla carica Dio. "Accidenti, mi sa proprio che non mi divertirò! Mi sarebbe tanto piaciuto essere Colui Che Perdona. Volevo sapere come ci si sente a essere speciali in quel senso". La Piccola Anima capi, in quel momento, che cosa si prova a essere tristi. Ma un'Anima Amica si fece avanti tra la folla e disse: "Non te la prendere, io ti aiuterò". "Dici davvero? Ma che cosa puoi fare? "Ecco, posso offrirti qualcuno da perdonare!" "Tu puoi...""Certo! Posso venire nella tua prossima vita e fare qualcosa
che ti consentirà di dimostrare la tua indulgenza".
"Ma perché? Per quale motivo?" chiese la Piccola Anima. "Sei un Essere di suprema perfezione! Puoi vibrare a una velocità così grande da creare una Luce tanto splendente da impedirmi quasi di guardarti! Che cosa mai potrebbe indurti a rallentare le tue vibrazioni fino a offuscarla? Che cosa potrebbe spingere te - che sei in grado di danzare in cima alle stelle e viaggiare per il Regno alla velocità del pensiero - a calarti nella mia vita e divenire tanto pesante da compiere questo atto malvagio?" "È semplice", spiegò l'Anima Amica, "perché ti voglio bene". Sentendo quella risposta, lo stupore invase la Piccola Anima. "Non essere tanto meravigliato, Piccola Anima. Tu hai fatto lo stesso per me. Davvero non ricordi?" "Oh, abbiamo danzato insieme molte volte, tu e io. Nel corso di tutte le età del mondo e di ogni periodo storico, abbiamo ballato. Abbiamo giocato per tuffo l'arco del tempo e in molti luoghi. Solo che non te ne rammenti. "Entrambi siamo stati Tuffo. Siamo stati Su e Giù, la Sinistra e la Destra. Il Qui e il Là, l'Adesso e il Poi; e anche maschio e femmina, bene e male: siamo ambedue stati la vittima e l'oppressore. "Ci siamo incontrati spesso, tu e io, in passato; e ognuno ha offerto all'altro l'esatta e perfetta opportunità di Esprimersi e di Fare Esperienza di Ciò che Siamo in Realtà; "E quindi", continuò a spiegare l'Anima Amica, "io verrò nella tua prossima vita e, questa volta, sarò il 'cattivo'. Commenterò nei tuoi confronti qualcosa di veramente terribile, e allora riuscirai a provare come ci si sente nei panni di Colui Che Perdona". "Ma che cosa farai", domandò la Piccola Anima, leggermente a disagio, "da risultare tanto tremendo?" "Oh", rispose l'Anima Amica strizzando l'occhio, "ci faremo venire qualche bella idea." Poi soggiunse a voce bassa: "Sai, tu hai ragione riguardo a una cosa "E quale sarebbe?" "Dovrò diminuire alquanto le mie vibrazioni, e aumentare a dismisura il mio peso per commettere questa brutta cosa. Mi toccherà fingere di essere ciò che non sono. E, quindi, ti chiedo in cambio un favore." "Oh, qualsiasi cosa, qualsiasi cosa!" gridò la Piccola Anima, che intanto ballava e cantava. "Riuscirò a perdonare, riuscirò a perdonare!" Poi si rese conto del silenzio dell'Anima Amica e allora chiede: "Sei davvero un angelo, sei così disponibile ad accontentarmi!" "È naturale che sia un angelo!" li interruppe Dio. "Ognuno di voi lo è! E rammentatelo sempre: Io vi ho mandato solo angeli! A quel momento punto la Piccola Anima sentì ancora più forte il desiderio di esaudire la richiesta e chiese di nuovo: "Che cosa posso fare per te?" "Quando ti colpirò e ti maltratterò, nell'attimo in cui commetterò la cosa peggiore che tu possa immaginare, in quello stesso istante..." "Si? Sì..." "Dovrai rammentare Chi Sono in Realtà", concluse l'Anima Amica gravemente. "Oh, ma lo farò!" esclamò la Piccola Anima, "lo prometto! Ti ricorderò sempre così come sei qui, in questo momento!" "Bene", commentò l'Anima Amica, "perché, vedi, dopo che avrò dimenticato chi sono. E se non mi ricorderai per come sono, potrei non rammentarmelo per un sacco di tempo. "Se mi scordassi Chi Sono, tu potresti addirittura dimenticare Chi Sei, e saremmo perduti entrambi. E allora avremmo bisogno di un'altra anima che venisse in nostro soccorso per rammentarci Chi Siamo." "No, questo non accadrà!" promise la Piccola Anima. "Io ti ricorderò! E ti ringrazierò per avermi fatto questo dono: l'opportunità di provare Chi Sono."
Quindi, l'accordo fu fatto. E la Piccola Anima andò verso una nuova vita, felice di essere la Luce e raggiante per la parte che aveva conquistato, la Capacità di Perdonare. Attese con ansia ogni momento in cui avrebbe potuto fare questa esperienza per ringraziare l'anima che con il suo amore l'aveva resa possibile. E in tutti gli istanti di quella nuova vita, ogni qualvolta compariva una nuova anima a portare gioia o tristezza - specialmente tristezza - ricordava quello che aveva detto Dio. "Rammentatelo sempre", aveva affermato con un sorriso, "Io vi ho mandato solo angeli".
OccamRazor
Inviato: Dom Ott 19, 2008 11:23 am
Oggetto:
Una storia Zen
Un giovane si presentò ad un maestro zen e gli dichiarò: "Vorrei raggiungere la liberazione dalla sofferenza promessa dal Buddha. Ma non sono capace di lunghi sforzi e non sono in grado di meditare. Esiste una via che posso seguire?"
"Che cosa sai fare?" gli domandò il maestro. "Niente."
"Ma c'è qualcosa che ti piace fare?"
"Giocare a scacchi."
Il maestro fece portare una scacchiera e una spada. Poi chiamò un giovane monaco e disse: "Chi di voi due vincerà questa partita a scacchi raggiungerà la liberazione. Chi perderà sarà ucciso con questa spada. Accettate?
I due giovani acconsentirono e incominciarono a giocare. Sapendo che era una questione di vita o di morte, si concentrarono come non avevano mai fatto. A un certo punto il primo giovane si trovò in vantaggio e pensò che la vittoria era sicura. Guardò il suo avversario e si accorse che il maestro aveva sollevato la spada sulla sua testa. Allora ne ebbe compassione e compì un errore deliberato. Ora era lui che stava per perdere. Vide che il maestro aveva spostato la spada sulla sua testa... e chiuse gli occhi.
La spada si abbatté sulla scacchiera. "Non c'è né vincitore nè vinto" proclamò il maestro "e quindi non taglierò la testa a nessuno".
Poi aggiunse rivolto al primo giovane: "Due sole cose sono necessarie: la concentrazione e la compassione. E tu le hai sperimentate entrambe. Questa è la via che cerchi".
utente
Inviato: Mar Set 30, 2008 12:26 pm
Oggetto:
Il vento e il sole
Un giorno il vento e il sole cominciarono a litigare.
Il vento sosteneva di essere il più forte e a sua volta il sole diceva di essere la forza più grande della terra.
Alla fine decisero di fare una prova.
Videro un viandante che stava camminando lungo un sentiero e decisero che il più forte di loro sarebbe stato colui che sarebbe riuscito a togliergli i vestiti .
Il vento, così, si mise all'opera : cominciò a soffiare ,e soffiare , ma il risultato fu che il viandante si avvolgeva sempre più nel mantello.
Il vento allora soffiò con più forza , e l'uomo chinando la testa si avvolse un sciarpa intorno al collo.
Fu quindi la volta del sole, che cacciando via le nubi, cominciò a splendere tiepidamente.
L'uomo che era arrivato nelle prossimità di un ponte , cominciò pian piano a togliersi il mantello.
Il sole molto soddisfatto intensificò il calore dei suoi raggi , fino a farli diventare incandescenti.
L'uomo rosso per il gran caldo, guardò le acque del fiume e senza esitare si tuffò .
Il sole alto nel cielo rideva e rideva!!
Il vento deluso e vinto si nascose in un luogo lontano.
Esopo
dott. Daniele Irto
Inviato: Lun Ago 18, 2008 11:15 pm
Oggetto:
Brano tratto dall'opera magistrale del generale-filosofo Sun-tzu, "L'arte della guerra", soprattutto di enorme profondità e valore psicologico-strategico oltre che dal senso strettamente letterale...
“L'abile guerriero costringe il nemico ad assumere uno schieramento, allettandolo con la prospettiva di un piccolo vantaggio. Lanciata l'esca egli attende in agguato.
Il modo di fare ciò è fingere estrema debolezza, così che i nemici siano allettati dalla prospettiva di un vantaggio.”
"Fronte organizzato significa retrovie vulnerabili, retrovie organizzate significano fronte vilnerabile. Preparazione a sinistra significa manchevolezza a destra, preparazione a destra significa manchevolezza a sinistra. Preparazione ovunque: manchevolezza ovunque."
"Se le truppe sono dislocate in molti punti, si frammentano inevitabilmente in piccole unità."
dott. Daniele Irto
Inviato: Sab Ago 09, 2008 2:17 pm
Oggetto:
Una parabola sufi dal titolo:
"Come dire le cose"
:
"Il saggio parla secondo la capacità di comprensione dell'uomo che vuole portare in salvo"...
"L'avaro del paese cadde nelle acque del lago. 'Aiuto! Aiuto! Non so nuotare' gridava a squarciagola annaspando nell'acqua. I paesani accorsero a salvarlo. Uno gli urlò: 'dammi il braccio, che ti tiro fuori!'. Un altro gridò: 'Dammi la mano, che ti salvo!'. Un altro gridò: 'Dammi il dito, che ti afferro!'. Ma l'avaro non dava proprio un bel nulla: né braccio, né mano, né dito. E veniva sempre più inghiottito dalle acque. Allora un altro gli disse: 'Prendi la mia mano, che ti porto in salvo'. Immediatamente l'avaro afferrò la mano dell'uomo. E così fu salvato".[/b]
utente
Inviato: Gio Giu 19, 2008 12:46 am
Oggetto:
Da:
American Beauty
E' una gran cosa quando pensi di avere ancora l'abilità di sorprenderti.
Ti fa chiedere cos'altro puoi fare che ti sei dimenticato.
Oggi è il primo giorno del resto della mia vita.
Era una di quelle giornate in cui tra un minuto nevica... e c'è elettricità nell'aria... puoi quasi sentirla. Mi segui?
E questa busta era lì... danzava con me, come una bambina che mi supplicasse di giocare... per 15 minuti.
E' stato il giorno in cui ho capito che c'era... un'intera vita, dietro ogni cosa... e un'incredibile forza benevola, che voleva sapessi che non c'era bisogno di avere paura. Mai. Vederla sul video è povera cosa, lo so.
Ma mi aiuta a ricordare. Ho bisogno di ricordare.
A volte c'è così tanta... bellezza... nel mondo... che non riesco ad accettarla... e il mio cuore sta per... franare.
Ho sempre saputo che ti passa davanti tutta la vita nell'istante prima di morire. Prima di tutto, quell'istante non è affatto un istante, si allunga per sempre, come un oceano di tempo.
Per me fu lo starmene sdraiato al campeggio dei boy-scout a guardare le stelle cadenti... le foglie gialle degli aceri che fiancheggiavano la nostra strada... le mani di mia nonna, e come la sua pelle sembrava di carta... e la prima volta che da mio cugino Tony vidi la sua nuovissima fireport... e Jane... e Jane... e... Carolyn...
Dovrei essere piuttosto incazzato per quello che mi è successo, ma è difficile restare arrabbiati quando c'è tanta bellezza nel mondo.
A volte è come se la vedessi tutta insieme, ed è troppa... il cuore mi si riempie come un palloncino che sta per scoppiare... e poi mi ricordo di rilassarmi, e smetto di cercare di tenermela stretta... e dopo scorre attraverso me come pioggia... e io non posso provare altro che gratitudine per ogni singolo momento della mia stupida piccola vita.
Non avete la minima idea di cosa sto parlando, ne sono sicuro.
Ma non preoccupatevi, un giorno l'avrete.
Amor Proprio
Tu sai credi nell'amore Lindsey? Non parlo di quello romantico, parlo di quella netta e chiara fiducia in sé che ogni uomo raggiunge quando ha davvero trovato il suo posto nel mondo. Impresa non facile, considerando che la maggior parte della gente si muove in branco. Davvero in pochi creano il proprio destino: essi hanno il coraggio delle proprie convinzioni e sanno come reagire a un crisi.
Per ogni libro degno di essere letto c'è una grande quantità di carta straccia.
Arthur Schopenhauer
... succede e basta. è come quando vedi per la prima volta qualcuno. magari stai passeggiano per strada e gli sguardi si incontrano pochi secondi e avviene una sorta di riconoscimento. entrambi ve ne accorgete. ma un attimo dopo quella persona è lontana. ormai è tardi non puoi fare più niente. ti rimarrà impressa a vita. perchè hai tirato dritto, ti domanderai sempre "se quel giorno mi fossi fermata", "se gli avessi detto ciao", "se avessi...", sempre quel se. può capitare solo poche volte nella vita o una sola.
utente
Inviato: Mar Giu 17, 2008 4:39 pm
Oggetto:
Mi sono seduta sulle rive del fiume Piedra e ho pianto
Paulo Coelho
Amare è come una droga: all'inizio viene la sensazione di euforia, di totale abbandono.
Poi il giorno dopo vuoi di più.
Non hai ancora preso il vizio, ma la sensazione ti è piaciuta e credi di poterla tenere sotto controllo. Pensi alla persona amata per due minuti e te ne dimentichi per tre ore. Ma, a poco a poco, ti abitui a quella persona e cominci a dipendere da lei in ogni cosa.
Allora la pensi per tre ore e te ne dimentichi per due minuti.
Se quella persona non ti è vicina, provi le stesse sensazioni dei drogati ai quali manca la droga.
A quel punto, come i drogati rubano e si umiliano per ottenere ciò di cui hanno bisogno, sei disposto a fare qualsiasi cosa per amore.
OccamRazor
Inviato: Gio Apr 03, 2008 10:16 am
Oggetto:
La via più rapida e sicura per sfuggire alle critiche è correggersi.
Demostene
utente
Inviato: Ven Feb 08, 2008 12:46 am
Oggetto:
Pirandello diceva:
La fantasia abbellisce gli oggetti cingendoli e quasi irraggiandoli d'immagini care.
Nell'oggetto amiamo quel che vi mettiamo di noi.
Cosa mettiamo noi nelle nostre relazione?
Nei nostri affetti?
Nei nostri amori e rimpianti?
Alle volte la semplice realtà.
continuava:
Perchè una realtà non ci fu data e non c'è; ma dobbiamo farcela noi, se vogliamo essere; e non sarà mai una per sempre, ma di continuo e infinitamente mutabile.
Così io mutevole continuo ad apprendere dalla realtà.
Dal passato, presente in attesa di futuro.
latham
Inviato: Ven Dic 28, 2007 12:00 am
Oggetto:
Il castello degli Specchi
(da : ‘Giardinieri principesse e porcospini’)
Consuelo C. Casula
C’era una volta un castello medioevale abitato dal re, dalla regina e da tutta la corte. Ogni stanza aveva uno specchio ben poco usato. Nessuno infatti amava specchiarsi, anzi ognuno provava un certo disagio nel guardare la propria immagine riflessa.
Un giorno, non si sa né come né chi, lo specchio di una stanza si rompe. Dopo alcuni giorni la regina nota che in quella stanza senza specchio qualcosa è cambiato. Le persone si fermano a chiacchierare tra loro, si scambiano opinioni, conoscenze, risate. C’è un clima gioioso e spensierato che non solo mancava prima, ma che continua a mancare nelle altre stanze.
La regina parla col re e gli dice che secondo lei il motivo del cambiamento è riconducibile alla mancanza dello specchio. Il re tende a non credere alla regina, ma lei si mostra convinta e vuole verificare la sua ipotesi con un esperimento. Chiede al re di togliere lo specchio di un’altra stanza e di osservare cosa succede.
Dopo alcuni giorni il re non può che dare ragione alla regina. In questa stanza succede lo stesso fenomeno che nell’altra: le persone si sentono a loro agio, non c’è più quell’imbarazzo, quel disagio che si avvertiva prima e che si percepisce ancora nelle stanze con gli specchi.
A questo punto non hanno bisogno di altre prove, ma sono curiosi di conoscere l’origine di quegli strani specchi. Il re fa allora una ricerca negli archivi del regno, e scopre che erano stati costruiti da un alchimista che aveva l’ambizione di indicare la perfezione.
Nel preparare il composto per gli specchi aveva usato una formula magica che metteva in risalto i difetti di chiunque si specchiasse. L’alchimista pensava di stimolare le persone a migliorare se stesse, a correggere i loro difetti. Questa era l’intenzione dell’alchimista, ma purtroppo aveva ottenuto invece imbarazzo, disagio, vergogna. Alle persone non piaceva vedere in primo piano i propri difetti, senza poter contemporaneamente vedere anche i propri pregi.
Il re e la regina decidono allora di eliminare i vecchi specchi e di comperarne dei nuovi. Il re si incarica personalmente della ricerca: questa volta non vuole correre nessun rischio.
Va così nella città degli specchi e si aggira tra i negozi per trovare quello più adatto. Entra nel primo e trova un vetraio specializzato in cornici. Mentre il re chiede di vedere alcuni specchi il vetraio indica la bellezza , il pregio, la fattezza, la raffinatezza e la preziosità delle sue cornici. Il re capisce che questo non è il vetraio che fa per lui e va in un altro negozio. In questo secondo il re vede dei bellissimi specchi a mosaico, composti di tanti piccoli pezzi messi insieme in modo elegante, che però consentono di vedere un piccolo pezzo per volta e non la figura intera: anche questo non è il negozio che il re cerca. Entra in un terzo per capire subito che in questo si vendono specchi che fanno sembrare alto chi invece è basso e basso chi è alto, magro chi è un po’ grasso e un po’ grasso chi è magro. Il re dentro di sé pensa che ne ha già avuto abbastanza di specchi deformanti: non è ciò che cerca.
A questo punto il re è un po’ perplesso. Non aveva immaginato che la ricerca di un semplice specchio potesse essere così complicata. Mentre è assorto da questi pensieri sente qualcuno canticchiare. Guidato da questo canto arriva in un laboratorio dove un vetraio sta completando uno specchio. Il re lo osserva lavorare e gli bastano pochi indizi per comprendere la maestria del vetraio accompagnata da una profonda serenità.
Il re, incuriosito, gli chiede cosa lo rende così sereno. E il vetraio risponde: “ho un lavoro che mi piace e mi dà soddisfazione, una moglie amica e compagna fedele e due bambini sani e simpatici. Non c’è niente al mondo che potrei desiderare di più”.
Il re, allora, chiede cosa hanno di particolare i suoi specchi. Il vetraio risponde che i suoi specchi sono molto semplici, essenziali, assolvono la loro funzione naturale. Il re chiede qual è la funzione naturale di uno specchio. Il vetraio risponde: “quella di rispecchiare”.
Il re non sembra soddisfatto della risposta. Chiede ancora al vetraio. “Dimmi, tu che sei un esperto, qual è il segreto racchiuso negli specchi, qual è la loro magia?” Il vetraio ci pensa un po’ e poi risponde. “Il segreto degli specchi è nell’occhio di chi guarda”
.
latham
Inviato: Mar Ott 23, 2007 1:31 pm
Oggetto:
Se ti chiedessi sull'arte probabilmente mi citeresti tutti i libri di arte mai scritti... Michelangelo; sai tante cose su di lui, le sue opere, le aspirazioni politiche, lui e il papa, le sue tendenze sessuali... tutto quanto vero?!?
Ma scommetto che non sai dirmi che odore c'è nella cappella Sistina; non sei mai stato li con la testa rivolta verso quel bellissimo soffitto... mai visto...
Se ti chiedessi sulle donne; probabilmente mi faresti un compendio sulle tue preferenze; potrai perfino avere scopato qualche volta...
Ma non sai dirmi cosa si prova a risvegliarsi accanto a una donna e sentirsi veramente felici... sei uno tosto...
Se ti chiedessi sulla guerra probabilmente mi getteresti Shakespeare in faccia eh?!? "Ancora una volta sulla breccia cari amici"...
Ma non ne hai mai sfiorata una... non hai mai tenuto in grembo la testa del tuo migliore amico vedendolo esalare l'ultimo respiro mentre con lo sguardo chiede aiuto...
Se ti chiedessi sull'amore probabilmente mi diresti un sonetto...
Ma guardando una donna non sei mai stato del tutto vulnerabile, non ne conosci una che ti risollevi con gli occhi... sentendo che Dio ha mandato un angelo solo per te, per salvarti dagli abissi dell'inferno... non sai cosa si prova ad essere il suo angelo avere tanto amore per lei, vicino a lei per sempre, in ogni circostanza, incluso il cancro...
Non sai cosa si prova a dormire su una sedia d'ospedale per due mesi tenendole la mano, perché i dottori vedano nei tuo occhi che il termine "orario delle visite" non si applica a te...
Non sai cos'è la vera perdita perché questa si verifica solo quando ami una cosa più di quanto ami te stesso; dubito che tu abbia mai osato amare qualcuno a tal punto.
OccamRazor
Inviato: Ven Set 21, 2007 9:36 am
Oggetto:
Un giorno un re riunì alcuni ciechi e propose loro di toccare un elefante per constatare come fosse fatto.
Alcuni afferrarono la proboscide e dissero: "Abbiamo capito: l'elefante è simile a un timone ricurvo".
Altri tastarono gli orecchi e dichiararono: "È simile a un grosso ventaglio".
Quelli che avevano toccato una zanna dissero: "Assomiglia a un pestello".
Quelli che avevano accarezzato la testa dissero: "Assomiglia a un monticello".
Quelli che avevano tastato il fianco dichiararono: "È simile a un muro".
Quelli che avevano toccato una gamba dissero: "È simile a un albero".
Quelli che avevano preso la coda dissero: "Assomiglia a una corda".
Ognuno era convinto della propria opinione. E, a poco a poco, la loro discussione divenne una rissa.
Il re si mise a ridere e commentò: "Questi ciechi discutono e altercano. Il corpo dell'elefante è naturalmente unico, e sono solo le differenti percezioni che hanno provocato le loro diverse valutazioni e i loro errori".
(Buddha)
OccamRazor
Inviato: Ven Set 21, 2007 9:35 am
Oggetto:
STORIE ZEN
"Prima di praticare per trent'anni lo Zen vedevo le montagne come montagne e le acque come acque.
Quando giunsi a una sapienza più profonda, vidi che le montagne non sono montagne e le acque non sono acque.
Ora che ho raggiunto l'essenza della sapienza, sono in pace, perché vedo le montagne come montagne e le acque come acque."
(Ch'ing-yuan)
Un uomo stava camminando nella foresta quando s'imbatté in una tigre. Fatto dietro-front precipitosamente, si mise a correre inseguito dalla belva. Giunse sull'orlo di un precipizio, ma per fortuna trovò da aggrapparsi al ramo sporgente di un albero.
Guardò in basso, e stava per lasciarsi cadere, quando vide sotto di sé un'altra tigre. Come se non bastasse, arrivarono due grossi topi, l'uno bianco e l'altro nero, che incominciarono a rodere il ramo.
Ancora poco e il ramo sarebbe precipitato.
Fu allora che l'uomo scorse accanto a sé una bellissima fragola. Tenendosi con una sola mano, con l'altra spiccò la fragola e lo mangiò.
Com'era dolce!
Un filosofo si recò un giorno da un maestro zen e gli dichiarò:
"Sono venuto a informarmi sullo Zen, su quali siano i suoi principi ed i suoi scopi".
"Posso offrirti una tazza di tè?" gli domandò il maestro. E incominciò a versare il tè da una teiera.
Quando la tazza fu colma, il maestro continuò a versare il liquido, che traboccò.
"Ma che cosa fai?" sbottò il filosofo. "Non vedi che la tazza é piena?"
"Come questa tazza" disse il maestro "anche la tua mente è troppo piena di opinioni e di congetture perché le si possa versare dentro qualco'altro..
Come posso spiegarti lo Zen, se prima non vuoti la tua tazza?"
Una volta, due monaci, Tanzan e Ekido, stavano attraversando un torrente quando scorsero una bella ragazza in kimono e sciarpa di seta che cercava, senza riuscirci di fare altrettanto. Tanzan, senza pensarci, la prese in braccio e la portò dall'altra parte.
Ekido non disse nulla finché quella sera non ebbero raggiunto un tempio dove passare la notte.
Allora non poté più trattenersi. "Noi monaci non avviciniamo le donne" disse a Tanzan " e meno che meno quelle giovani e carine. È pericoloso. Perché l'hai fatto?". Lo rimproverò.
"Io quella ragazza l'ho lasciata laggiù sulla riva" disse Tanzan. "Tu invece la stai ancora portando con te?".
Le catene
Un giorno al maestro Seng-ts'an si presentò un giovane che dichiarò: "Vengo da te perché cerco la liberazione".
"Chi ti ha incatenato?" gli domandò il maestro.
"Nessuno."
"Allora, sei già libero."
Un maestro zen si era fermato, durante un viaggio, in un tempio.
Poiché faceva freddo, per non morire congelato, aveva preso una statua di legno del Buddha e le aveva dato fuoco.
Il sacerdote del tempio, vedendo le fiamme, si era svegliato ed era accorso: credeva che si trattasse di un incendio.
Quando vide quel che succedeva, fu sconvolto dal sacrilegio. "Che cosa hai fatto?" gridò. "Hai bruciato il corpo del Buddha!"
Il maestro prese un bastone e si mise a frugare tra le ceneri.
"E ora che cosa fai?" gli domandò il sacerdote.
"Cerco le ossa del Buddha."
"Quali ossa? Non vedi che è una statua di legno?"
"Allora, per favore, portami un altro Buddha da bruciare."
OccamRazor
Inviato: Lun Giu 04, 2007 3:38 pm
Oggetto:
Ikkyu, il maestro Zen, era molto intelligente anche da bambino. Il suo insegnante aveva una preziosa tazza da tè, un oggetto antico e raro. Sfortunatamente Ikkyu ruppe questa tazza e ne fu molto imbarazzato. Sentendo i passi dell'insegnante, nascose i cocci della tazza dietro la schiena. Quando comparve il maestro, Ikkyu gli domandò: "Perché la gente deve morire?". "Questo è naturale" spiegò il vecchio. "Ogni cosa deve morire e deve vivere per il tempo che le è destinato." Ikkyu, mostrando la tazza rotta, disse: "Per la tua tazza era venuto il tempo di morire". (da 101 storie Zen)
Zisa
Inviato: Gio Mag 24, 2007 1:04 pm
Oggetto:
Il cerchio
Un maestro zen invitato in una casa in Giappone, la terra dove ogni giorno si riscontrano scosse di terremoto, stava mangiando assieme ai padroni di casa e ad altri ospiti, quando all’improvviso si avvertirono alcune forti scosse di terremoto, la vecchia casa iniziò a tremare pertanto le loro vite erano in pericolo. Tutti cercarono di scappare per guadagnare l’uscita. Anche il padrone di casa stava fuggendo, ma nel correre si voltò per guardare che ne fosse stato del maestro. Stava immobile senza il minimo segno d’ansia sul volto. Seduto ad occhi chiusi non s’era mosso di un soffio.
L’uomo si vergognò del suo agire, si sentì un codardo, e poi non era bello che il padrone di casa scappasse mentre l’ospite non si era mosso affatto. Tutte le altre persone erano scappate in giardino, ma lui si fermò nonostante tremasse di paura, e si sedette accanto al maestro.
Com’era venuto il terremoto, anche quella volta se ne andò, e il maestro apri gli occhi e riprese la conversazione che aveva interrotto quando erano iniziate le scosse, e riprese la parola rimasta a mezz’aria come se nulla fosse accaduto. Il padrone di casa non era nello stato d’animo di ascoltare, perché era ancora stravolto dall’agitazione e aveva ancora paura.
Benché il terremoto fosse passato la paura era rimasta. Disse rivolto al maestro: ”Non mi dica niente, non sono in grado di capire, non sono padrone di me stesso, eppure vorrei io fare delle domande. Tutti sono scappati, io stesso stavo fuggendo in preda al terrore, ma vedendovi qui imperturbato e tranquillo mi sono sentito un vigliacco e mi sono detto “Io sono il padrone di casa e non dovrei scappare” Così sono tornato indietro. Ma dimmi Maestro, tutti hanno pensato alla fuga: tu cosa hai fatto? Come hai reagito di fronte al terremoto?
Il maestro disse: ”Anch’io sono fuggito, mentre voi siete scappati verso l’esterno, io ho cercato riparo dentro di me stesso. La vostra fuga era inutile perché qualsiasi direzione prendeva, avreste incontrato il terremoto, pertanto a che serviva fuggire? Io sono andato in uno spazio dentro di me stesso dove nessun terremoto è mai giunto, né potrà mai giungere, ho preso rifugio nel centro del mio essere”.
Nello zen vi è un detto: “Un maestro zen che ha raggiunto il suo centro interiore può attraversare un torrente, ma l’acqua non bagna i suoi piedi.”.
Non s’intende che per qualche miracolo l’acqua non lo bagni, ma che vivendo immerso nella realtà il suo centro non è scosso da nulla, non è in preda alla sua mente agitata ma è padrone in ogni situazione e luogo, sempre calmo e consapevole della realtà. Mentre tutti fuggono correndo dietro, alle emozioni, ai sentimenti, ai condizionamenti della mente, chi è realizzato è calmo e tranquillo anche di fronte alla morte.
In questa storia il terremoto è gli accadimenti che scuotono la nostra vita, che rimettono in discussione tutto, che mina le nostre sicurezze: può accadere che il marito ci lasci, che la fidanzata esca con un altro, che nostro figlio si droghi, che si perda il posto di lavoro, che muoia la persona a noi più cara, la vita ci riserva sempre sorprese spiacevoli, come il terremoto arriva all’improvviso, i fatti gravi nella nostra vita non si annunciano, e noi dobbiamo essere pronti a viverli, senza cadere in confusione, affrontandoli con mente chiara, libera, con pensiero nuovo, altrimenti veniamo sopraffatti e paralizzati.
La Psicologia e la centratura sul Sé guida il processo che conduce un individuo alla soluzione, in pratica serve a ripulire la mente dal solito pensare, dagli schemi fissi in cui ricadiamo anche in momenti difficili e la soluzione può esprimersi, liberarsi, è sempre stata lì sotto la nostra mente condizionata.
Destrutturare schemi rigidi e fissi di comportamento e credenze, per crearne di nuovi funzionali alla nostra costante trasfromazioni di individui.
Powered by
phpBB
© 2001 - 2005 phpBB Group
Theme ACID v1.5 par
HEDONISM
phpbb.it